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La voce forte e lirica di una poetessa indiana trapiantata a Parigi capace di raccontare come forse nessun altro o sradicamento, lo spaesamento, il disagio e la solitudine di chi vive una forma di esilio« Soltanto una scrittrice donna con una storia estrema come la sua avrebbe potuto ribaltare, come fa Shumona Sinha in questo suo terzo straordinario romanzo, tutte le nostre certezze di corretti e moralmente irreprensibili occidentali » L'ExpressC'è Esha, che ha lasciato Calcutta per vivere e insegnare a Parigi, e che ogni giorno deve fare sforzi ciclopici per guadagnarsi uno spazio che per altri è un diritto di nascita, facendosi strada tra la diffidenza e i pregiudizi di chi la circonda.
C'è Mina, figlia di contadini indiani, che milita in un movimento d'insurrezione e che per i suoi sogni e i suoi desideri pagherà un prezzo altissimo, imposto da una società che la disprezza. C'è Marie, nata in India ma cresciuta in Francia da genitori adottivi, affamata di scoprire la sua storia e il suo passato, e di portare un aiuto a quella che considera la sua gente. Tre destini che si specchiano e si incrociano tra India ed Europa, in un romanzo denso di poesia che non risparmia né la nostra società né quella indiana e in cui si sprigiona una violenza letteraria inaudita.
Ovunque il corpo delle donne, soprattutto se sole e libere, è terreno di caccia e di conquista, viene continuamente invaso da sguardi indesiderati e feroci, braccato, ferito. Le vite di Esha, Mina e Marie sono tre note di una stessa canzone struggente e bellissima che ci parla di esilio, appartenenza, libertà. Come negli altri suoi romanzi, anche in questo Apolide la suggestiva scrittura di Shumona Sinha è animata dalla collera, una collera eloquente e sacra, ricca di immagini potenti e impossibili da dimenticare.