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Il celebre paroliere napoletano Giovanni Gaeta ambientò questa, che è probabilmente la sua unica opera in prosa, nel contesto dell'esilio dei serbi durante la Prima guerra mondiale. Originale italiano con testo serbo a fronte Un ritrovo di esuli serbi a Salonicco, durante la Prima guerra mondiale: mentre si fa musica, si beve, si discute, ci si prepara alla riscossa contro l'occupazione austro-ungarica, si svolge la tragedia di una coppia di amanti-traditori.
Sorprendente dramma in un atto di ispirazione patriottica e ambientazione balcanica, ricco di dotti riferimenti alla storia e cultura serba, opera dimenticata dell'autore della Canzone del Piave. Il celebre paroliere napoletano Giovanni Gaeta ambientò questa, che è probabilmente la sua unica opera in prosa, nel contesto dell'esilio dei serbi durante la Prima guerra mondiale. L'esercito serbo era stato costretto dall'attacco asburgico a ritirarsi attraverso l'Albania, raggiungendo poi il fronte macedone (aprile 1916 - settembre 1918), da dove fu lanciato l'assalto verso Nord, per la liberazione della Madrepatria.
Proprio in quel periodo l'autore, a contatto con ambienti triestini, deve avere raccolto le suggestioni epico-letterarie già fatte proprie da D'Annunzio (cfr. Ode alla Nazione Serba) ed elementi della cultura della Serbia anche di carattere etno-musicale, per tradurli in questa breve pièce teatrale pubblicata a Napoli nel 1918. Con il ritrovamento casuale di questo testo, da parte della traduttrice negli anni Novanta, e con la sua pubblicazione bilingue, per consentirne la conoscenza anche al pubblico di lingua serbocroata, si restituisce alla storia delle due letterature e alla Storia della fratellanza risorgimentale internazionale un documento straordinario e pieno di significati.
L'ideale mazziniano e garibaldino, condiviso dall'autore, era fondato sulla solidarietà tra i popoli e, per quanto riguarda italiani e jugoslavi, come farà notare Sandro Pertini, la fratellanza si era instaurata non soltanto negli anni duri della Prima guerra mondiale, ma nel pieno del Risorgimento italiano, quando Giuseppe Mazzini nel 1857 pubblicò le sue Lettere slave e previde con estrema lucidità che il moto d'indipendenza degli slavi del Sud sarebbe stato il più importante, dopo l'italiano, per l'Europa futura.