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Il quadro della moralità offerto da Jankélévitch è mosso da forti chiaroscuri. Agire bene o male è un'esperienza umana originaria, che coinvolge l'intera esistenza nella forma dell'intermittenza, della caduta e del rilancio, è perenne scontro di essere e dovere, purezza di cuore e amore, e insieme incapacità di distinguere il bene dal male, ansia di assoluto e sua eclissi. Il paradosso della morale, ultima opera pubblicata in vita da Jankélévitch - alla quale è legittimo attribuire un carattere di sintesi della sua visione etica - è interamente occupata da un lavoro sulla contraddizione.
La vita morale e la sua fondamentale ambivalenza vengono descritte, analizzate e problematizzate all'insegna delle vicende, sempre diverse e imprevedibili, della contraddizione che sta nel cuore dell'etica. « Paradosso » è « la contraddizione professata », la contraddizione che, a causa dell'inevitabile collocarsi all'interno della dinamica temporale, si sdoppia, si esaspera fino all'iperbole e deflagra o si diluisce fino a neutralizzarsi.
La sua configurazione conclusiva sarà la compresenza degli opposti nel corpo e nel suo carattere di organo-ostacolo, definito « contraddizione congelata, impietrita, pietrificata ».