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Non c'è un colpevole. Non ancora. Non c'è una sentenza. C'è un intrigo. Anzi, più di uno. E c'è una vittima: Natale De Grazia. Ufficiale della Capitaneria di porto di Reggio Calabria. De Grazia è morto nella notte tra il 12 e il 13 dicembre 1995. Ufficialmente, per un attacco cardiaco. Aveva 38 anni ed era in ottima salute. Faceva parte del pool che indagava sulle navi a perdere, le carrette del mare che la 'ndrangheta ha affondato con i loro carichi di veleni fatti di scorie, rifiuti tossici e materiale nucleare.
Dal sud al nord Italia, fino ai porti più bui e lontani del Mediterraneo, il maestrale che imperversa porta storie fatte di mafia, faccendieri senza scrupoli e politici corrotti, in una strana battaglia navale dove ad affondare realmente sono i carichi, non i natanti. Una guerra strana, dove non ci sono nemici da combattere. La nave che vince è quella che "si suicida" scomparendo nel blu profondo.
Per sempre e senza lasciare traccia... almeno nelle intenzioni. De Grazia seguiva una pista. Lo aveva portato a sfiorare altri intrighi, come la morte in Somalia della giornalista Rai Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovatin, e il ruolo di un faccendiere, in odore di P2, capace di muoversi tra governi e armatori internazionali. A quindici anni di distanza da quella notte, questa è ancora l'unica pista.
Purtroppo sempre meno battuta.