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Il Cardinal Martini si accosta alla figura di Stefano, primo martire, a partire da quanto descritto nei capitoli 6-8 degli Atti degli Apostoli, « impressionante documento dello sguardo retrospettivo di un uomo, ormai di fronte alla morte, su se stesso, sulla storia di salvezza, su ciò che Cristo ha significato per lui e sul futuro a cui egli è chiamato ». Riflettere sulla figura di Stefano è importante per tutta la comunità dei credenti: con Stefano, infatti, « la Chiesa avverte la serietà dell'essere testimone e servitore: capisce che l'abbandonarsi a Dio non salva dalla morte, bensì permette di passare attraverso la morte contemplando la gloria di Dio; riconosce da che cosa Dio ci salva e ci libera, da che cosa non ci libera, a che cosa ci prepara ».
La ricchezza di queste meditazioni sta tutta qui: nell'esperienza di un uomo che, accostandosi alla rivelazione della prossimità di un Dio trascendente e immanente al tempo stesso, giunge « al culmine della sua missione di testimone servitore », vivendo nel suo stesso corpo il mistero che annuncia, contempla, adora.